* di Eugenio Richiardi 

Non sono proprio d’accordo con chi scrive in quanto la Maratona che sarà poi riconosciuta come la curva più bella del mondo esisteva prima del ’73, chiaramente dopo il ’63 in quanto, se non sbaglio, l’ultimo anno che vidi giocare il Toro al Filadelfia. Sono d’accordo con chi ha scritto il pezzo, che credo mi conosca assai bene, che un autentico artista tifoso del Toro fu Serafino (Geninetti). Tutt’ora c’è la sua galleria d’arte in Corso Vinzaglio 1 a Torino, ed io che abitavo all’epoca in Via Donati, comprai poi una casa in Via Cernaia, 38, a Torino, angolo Corso Vinzaglio, 1: pensate che in Corso Vinzaglio, 3 aveva lo studio da Avvocato il dottor Nizzola e quello studio è stato frequentato per anni da Moggi. Nel giugno del ’73 persi una gamba per un incidente in moto mentre stavo andando a giocare a pallone (riserva nella primavera, giocavo anche per i Fedelissimi di Via Carlo Alberto) ed in effetti nel Nostro "giro" c’era Serafino, i fratelli Carrà, Elettro, etc.

Dicevo che a mio avviso la Maratona era già fucina di tifosi doc e di "ciocche" grazie soprattutto a Ginetto Trabaldo ed ai Fedelissimi: ed ad altri. Mi piacerebbe incontrarti presumo siamo probabilmente amici: il mio soprannome era Ligegno Gambadilegno, mi tiravano su in Maratona con della corda per via che disabile comunque era per me quasi impossibile salire le scalette laterali. Ero tra quelli che alle 6 del mattino incominciavano a mettere gli striscioni, tra quelli che andarono per anni dietro a Strega, in giro per l’Italia, ed in tante e tante trasferte. Quando facemmo il corteo a Superga per la vittoria dello scudetto, km e km a piedi … (anche se abituati perché quasi tutte le domeniche facevamo un corteo ed andavamo a trovare i gobbi in via Bogino per una visita di cortesia …. ) Serafino mi caricò su un carro allegorico che aveva allestito e mi porto su: grandissimo! Ricordo il suo "lungo barbone bianco" …
Posto volentieri la tua ricostruzione.

La storia della Curva Maratona
La Curva Maratona, quella che era a sinistra delle tribune dello stadio Comunale (prima dell’orrendo Delle Alpi), quella che aveva alle spalle la sgraziata torre omonima stile anni Trenta, era il polmone, il cervello, il carnevale del tifo granata.
Mezzo stadio poteva essere vuoto, ma la Curva Maratona è sempre stata piena: di grida e di colori. Era una tradizione ormai antica, via via approdata a livelli brasiliani (ben prima dell’arrivo di Junior). Alle spalle delle diciassettemila gole granata (tale era la capienza delle curve del Comunale) c’è sempre stato il lavoro di un gruppo di coreografi del calcio. Ecco il racconto di come è nata "la curva più bella del mondo".
E’ nel 1973 che si pensò si sensibilizzare la tifoseria granata valorizzando rapporti di solidarietà umana. Proposi al Club Grande Torino di organizzare un’asta di quadri firmati da (…) Serafino Geninetti devolvendone il ricavato a "Specchio dei Tempi" che aveva lanciato un appello ai lettori per recepire fondi, allo scopo di acquistare un polmone d’acciaio.
(…) L’iniziativa ebbe molto successo ed il ricavato (due milioni) venne interamente versato a "La Stampa". Dopo quella sera ci trovammo impegnati nell’organizzare qualcosa di speciale per incitare la nostra squadra che affrontava la Juventus.
Decidemmo di circondare metà recinto dello Stadio Comunale con festoni di carta crespa granata legati fra loro con nodi di tulle, granata pure loro. Fummo derisi da alcuni Club della nostra stessa fede (Ultras, Fedelissimi, ecc..), ma la domenica successiva ripetemmo l’esperimento allargando a tutto il perimetro di gioco, aggiungendo all’iniziativa il primo sacco di coriandoli che, all’annuncio della nostra formazione, gettavamo sugli spettatori della Curva Maratona.
Era il 1973: tutto è cominciato con dei festoni di cartapesta e dei coriandoli.
Durante la stagione 1975-76 (quella dell’ultimo scudetto) ogni domenica aumentava il quantitativo di coriandoli e mazzetti: la domenica del derby i coriandoli furono gettati addirittura dal tetto della tribuna centrale.
Le iniziative si moltiplicarono e divennero sempre più articolate e goliardiche: per lo Vittoria la città fu tappezzata da 5000 scudetti, furono, più avanti, invitate tre bande musicali e tre gruppi di majorettes, nel ’76-’77 venne disegnato per un derby un enorme water (3 metri per 3) con attorno gambe e mani di un giocatore (guardacaso bianconero) che ci si aggrappava per non cascarci dentro. "Questa è la vostra sede naturale" era la scritta che l’accompagnava! Seguirono 3000 croci bianconere, dodici finocchi di polistirolo alti 3 metri ciascuno, 3 quintali di finocchi veri lanciati in campo, ecc…
Per Toro-Juve dell’82-83 apparve il primo toro su telo alto 9 metri, ma la grande sorpresa fu per il derby 1983-84: un lenzuolone di 100 metri per 14, progettato per essere mosso da un complicatissimo congegno di corde. Sfortuna volle che la domenica del derby si mise a piovere ed il congegno non poteva funzionare. Per alzarlo, in quelle condizioni, ci volevamo almeno 150 ragazzi che lo tenessero sollevato da terra nei dieci minuti d’esposizione.
Così fu: issammo lo striscione, tutto la stadio ammutolì, quindi esplose un applauso generale (credo quasi generale, visto che si trattava di un derby…). Più avanti lo striscione diventa di 160 per 28 metri co nal centro un Toro rampante e sopra una scritta "Alè Toro"  di 5 per 4 metri campeggia al centro della curva veleggiando libero nell’aria. 

 

 

 

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