Siamo ancora vivi!
  
di Nicola Ferraro *
  
Riuscirà il Toro a rivedere prima la luce dei minatori intrappolati da giorni in una cavità sotterranea in Cile? Le previsioni per i lavoratori cileni parlano di Natale; quelle per il piccolo manzo senza capo né coda visto ieri sera all’Olimpico contro il Crotone potrebbero spingersi un po’ oltre, sino a gennaio 2011, al “mercato di riparazione”.

Perché sembra davvero che ci sia molto da riparare in una situazione dagli esiti imprevedibili, come quella che questo “torello” ha mostrato sin dalla prima esibizione in una gelida serata di Ferragosto di fronte a 5.000 spettatori innamorati e perplessi. Perplessità che si alimentano di nuovi timori, esibizione dopo esibizione, e che cedono il passo sempre di più alla rassegnazione: sentimento peggiore dello sconforto perché non riesce, a differenza del primo, a plasmare una vita.
A giudicare da quello che si vede dagli spalti, senza sapere nulla dello spogliatoio, due sono le impressioni che colpiscono maggiormente: una preparazione atletica con troppo acido lattico che i muscoli faticano a smaltire e la mancanza di un punto di riferimento in campo: un allenatore con gli scarpini che, come il primo violino di un’orchestra, sappia trasformare in musica i gesti enfatici del direttore (in questo caso Lerda).
Le ingenuità, gli svarioni imperdonabili, le pause di riflessioni inopinate (da debito di Ossigeno?) sovrastano per numero e intensità frammenti di gioco spumeggiante, a volte di gran classe, degno di cittadinanza in A. Questo Toro è un personaggio dai due volti inconciliabili: per buona parte dei due tempi inesistente e poi, a sprazzi che durano secondi, bello e possibile. Quale dei due volti è destinato a prendere il sopravvento in futuro?
La risposta sembra fatta apposta per dividere, scavare fossati, mentre ci sarebbe bisogno di tanta unità, molto silenzio e un oceano di amore. Eppure una risposta (argomentata, seria, non figlia di quella cultura della comunicazione alla quale stiamo sacrificando troppe cose, ad iniziare dal buon senso) la Società la deve dare.
Purtroppo sembriamo già in preda alla logica del cane che si morde la coda: nessuna autorità in Lega e in campo con esiti nefasti sui risultati dai quali ci deriva l’unica speranza di un colpo di reni. All’Olimpico qualsiasi ominicchio vestito da arbitro si permette licenze poetiche che nemmeno Lo Bello padre avrebbe concepito. Ai microfoni di Radio Rai le nostre prestazioni calcistiche sono punteggiate dal sarcasmo: e ad argomentare lo scherno non ci sono Arpino, Brera, Ormezzano; ci sputtanano Forma e Mazzeo… “Qualcuno dovrebbe avvertire quelli del Toro che il tallone d’Achille di Rubinho sono i passaggi indietro. È brasiliano ma col pallone ai piedi fa disastri!”
Però ieri sera è bastata la presenza in campo di Bianchi per risalire in superficie almeno mezz’ora… E la presenza contemporanea di Obodo e del Bomber ha dissolto gli sbadigli angosciati dei settantenni che mi facevano corona nei Distinti, ha fatto rinascere l’entusiasmo, sino a bruciare in mezz’ora le nostre corde vocali…
Liberarsi dell’acido lattico, trovare un (meglio due) punto di riferimento in campo, riconquistare credibilità, autorevolezza, prestigio in Lega per drenarla con continuità sul campo… Il resto potrebbe arrivarci in modo naturale come nel girone di ritorno dello scorso campionato… se sapremo evitare saldature improprie tra interrogativi e mugugni anche legittimi.
La Tessera del tifoso c’entra poco o nulla col mercato del Toro e con le prestazioni della squadra. Se Cairo abbia guadagnato o perso soldi negli ultimi cinque anni è una domanda legittima che legata con un cortocircuito mentale alla Tessera può però fare disastri: la “Tessera” tra l’altro è frutto di una legge dello Stato e questo deve essere tenuto in considerazione.
Dal fondo arrivano però da ieri sera notizie belle e importanti: siamo vivi!
Sta a noi decidere se vogliamo diventare grandi.
 
 
www.torinoclubcto.com

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