* di Gianluca Garelli

 

 

Ho capito che sarebbe stato un altro anno di sofferenza e di ulteriore, terminale  distruzione della mentalità TORO, al termine della partita Torino-Inter 0-2. Eravamo solo alla terza di campionato, è vero, ma mi reputo un profondo conoscitore della storia del Torino. Oppure sono un veggente.

Ho capito che sarebbe stato un altro anno di sofferenza e di ulteriore, terminale  Il Torino arrivava da un pari insipido contro il Siena e da una vittoria roboante contro il Pescara. Siena e Pescara, non Catania e Udinese, tanto per dire.

Ma inconsciamente nel tifoso del Torino di oggi iniziare un campionato così fa dimenticare in un nano secondo tutte le brutture del passato.

Così dopo una prestazione poco più che sufficiente contro l’Inter terminata con la suddetta sconfitta, ecco gli applausi a fine partita. Ed ecco i giocatori che si prendono per mano e vanno sotto la curva facendo il salto della gioia.

Scene già viste, purtroppo!!

Ma poi cosa non ho sentito la sera stessa e i giorni dopo: “E ma non sei mai contento”, “L’Inter ha fatto 2 tiri in porta”, “Il Toro ha fatto la partita”, “Il Toro ha giocato bene, è andata di sfiga”, “Se Bianchi avesse segnato finiva in pari”.

A parte il fatto che io, per il mio Toro, voglio la vittoria sempre e non mi accontento del pari se non dopo la partita e per come è venuto.

Risultato, il Torino perde per l’ennesima volta a Torino.

Ho iniziato a seguire il calcio ed il Torino a cavallo tra la fine dei ’70 e l’inizio degli ’80, quando il Toro aveva vinto da pochi anni l’ultimo scudetto e nonostante le difficoltà societarie, nei pensieri del fanciullo, era più probabile che il Toro rivincesse il campionato, piuttosto che la retrocessione.

Ho visto delle annate in cui il Toro era farcito di giovani della Primavera, lottare con ardore e rimanere in serie A con grandissima dignità per l’orgoglio mio e di tantissimi altri. Se non tutti.

Un altro calcio, in cui la sconfitta casalinga veniva metabolizzata da una parte con l’uscita celere della gente dallo stadio che disquisiva sull’andamento della partita, certi che non sarebbe successo la prossima volta e dall’altra con i giocatori che mestamente andavano sotto la doccia a meditare sulla sconfitta, certi che la prossima volta non ci avrebbero deluso.

Ora, da quando c’è Cairo come Presidente, la sconfitta casalinga, diventata quasi una consuetudine, è accompagnata da sonanti applausi ed i giocatori sotto la curva a fare il salto della gioia.

Perché?

Forse perché ci siamo trovati veramente ad un passo dalla cancellazione e vogliamo fare di tutto per non rompere il nostro giocattolo e non turbare la sensibilità dei nostri eroi in campo? Senza peraltro accorgerci che il giocattolo così com’è è rotto e la sensibilità di questi giocatori “finti” dovrebbe essere altro che turbata, fatte salve alcune eccezioni.

Ormai nel nostro vocabolario ed in quello dei giocatori che mano mano arrivano a Torino la parola “tremendismo” è scomparsa, per ricomparire nostro malgrado dall’altra parte del Po. Che tristezza!!!

Tornando a questo campionato, c’è stato un momento in cui mi stavo ricredendo, che avessi fatto male i calcoli, che fossi stato maledettamente ingiusto ad inizio torneo e che quest’anno fosse la volta buona.

Torino-Atalanta 2-1 è stata l’apoteosi di queste elucubrazioni mentali. Si stava avvicinando con molto anticipo la salvezza matematica e poi “ci saremmo divertiti e tolte tante soddisfazioni” a sentire Ventura e i suoi suonatori.

Roba d’altri tempi, roba da non crederci. Tifosi usciti dall’empatia, entusiasmo ritrovato, giocatori motivati, sereni e contenti di Torino e la sua gente.

Ma a me la storia insegna a non mollare la guardia, a non fare scendere la carogna dalle spalle. Avrei voluto scacciarla la carogna, ve lo giuro, ma mancavano solo 9 punti a 40 e c’erano ancora ben 14 partite.

Come è andata lo sappiamo tutti: 8 punti in 14 partite, ritorno all’empatia almeno fino alla penultima di campionato contro il Chievo che sanciva la salvezza (ignobile) matematica, tifosi in contestazione dopo la squallida sfida contro i miei “non gemelli” del Genoa (il passato non si dimentica) e giocatori scoglionati da tanta irriconoscenza.

A me la carogna sempre ben salda sulle spalle a vedere gli altri che si incazzavano, che imprecavano, che venivano mortificati.

E la mia ferma consapevolezza che senza lo scandalo MPS e con il consueto supporto mafioso il Siena ed il Palermo si sarebbero salvate.

E adesso? Altro giro, altra corsa. Ergo, altra rivoluzione, altra sofferenza, altri applausi?

Che ci meritiamo il Presidente, la società ed i giocatori che abbiamo, così come loro si meritano noi?

Solo studiando bene la nostra Storia potremmo tutti (società e tifosi) capire la direzione da seguire. Intanto iniziamo noi!

 

28 maggio 2013    

 

 

 

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